Che cosa è la felicità? Perdonate quello che può sembrare un abbrivio zuccheroso, la mia intenzione era diversa: la domanda infatti tenderebbe a definire la felicità con precisione quasi scientifica e non vuole certo offrire spazio a nulla che possa finire in un cioccolatino.
Definire la felicità è importante perché una volta stabilito che cosa è possiamo analizzare e, se il caso, criticare o addirittura contestare i risultati di una ricerca recentemente condotta in Nuova Zelanda. Gli studiosi sono giunti alla conclusione che la felicità, per l'uomo, non rappresenta un assoluto positivo, un dono impossibile da rifiutare, un'aspirazione costante o sottointesa. Al contrario, è in qualche caso temuta e, in certe culture, perfino rifiutata. Diciamo subito che le culture di cui sopra sono tutt'altro che remote e circoscritte: i neozelandesi hanno colto indizi di questa inaspettata fobia in pieno Occidente, dove molti, senza rendersene conto, finiscono per autosabotare ogni impulso alla felicità, forse pensando che sia un'emozione onerosa, sbilanciata, un preludio alla tristezza che vedono dunque come inevitabile conseguenza dell'abbandonarsi alla gioia.
In Estremo Oriente l'ammonimento contro la felicità diventa addirittura esplicito, incastonato com'è nella filosofia quando non nella religione. Secondo questo insegnamento, la felicità è pericolosa, falsa e, ancora una volta, illusoria.
Qui tornerei alla questione posta all'inizio: che cosa è la felicità? Ormai consapevoli dell'indomabile istinto umano a sopprimerla, svillaneggiarla, mortificarla e diffamarla, forse potremmo dire che la felicità è quella cosa che ci salva nostro malgrado, se non a nostra insaputa. È anche quello spirito che ci solleva quando non ce lo meritiamo e che agisce in noi perfino contro la nostra natura. Non so se questo possa bastare a definire la felicità ma sono convinto che almeno un sospetto lo possa indurre: con tutte queste qualità così poco umane e così altamente disinteressate, la felicità potrebbe essere divina.
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