Se non fosse politicamente scorrettissimo scriverei qui che i giovani di oggi, in rapporto a quelli di un passato relativamente recente, sono dei fighetti. Siccome è scorretto, non lo farò (anche se voi potreste avere l’impressione che l’abbia appena fatto). Dirò soltanto che l’affermazione (non) scritta più sopra è scientificamente provata.
La riporta infatti il “Journal of Hand Therapy”, periodico dell’American Society for Hand Therapy (Associazione americana per la terapia della mano). Superato lo stupore per l’esistenza di un simile consesso, veniamo ai dati: una ricerca ha permesso di stabilire che i giovani di oggi hanno mani più deboli rispetto a quelle dei loro padri. La rilevazione si riferisce ai maschi nella fascia di età dai 20 ai 34 anni: nel 1985 un uomo di quell’età, stringendo la destra (o la mano dominante) applicava in media una forza di 53 chili, oggi arriva appena a 44.
Leggere la notizia mi ha messo stupidamente di buonumore: nel 1985 avevo 22 anni e dunque entravo largamente nella categoria dei 53 chili. Per un momento, mi sono illuso che, in teoria, potrei far valere quei 9 chili di differenza nei confronti di un ventenne di oggi provvedendo a stritolargli le falangi, con soddisfazione del mio ego. Subito, ho realizzato l’inconsistenza del pensiero: il ventenne di oggi ha, appunto, vent’anni oggi, io ne ho trenta di più e dunque i suoi 44 chili molto probabilmente basterebbero ad accartocciare la mia mano, nel frattempo indebolitasi, senza contare che tutto il ragionamento si basa su medie statistiche: con la mia fortuna mi capiterebbe un ventenne abituato a schiacciare bulloni tra pollice e indice.
La ricerca di cui sopra, comunque, esiste e si dilunga sui mutamenti in ambito domestico e lavorativo che hanno portato al generale indebolimento delle mani: meno piccone e più computer, meno pala e più mouse. Attendo con ansia l’aggiornamento della ricerca previsto per il 2045: a chi me lo procurerà prometto una carezza. Anche se la scambierà per uno sganassone.
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