È capitato che Mark O’Connell, scrittore residente a Dublino, nei giorni scorsi si sia sentito, come diciamo dalle nostre parti, «un po’ tirato». Questa espressione sta a significare l’imperfetta coincidenza degli impegni ai quali siamo chiamati a far fronte con il poco tempo a nostra disposizione.
Per questa ragione, al termine della giornata - semmai la giornata ha un “termine” - ci sentiamo esausti e senza fiato. Le ricadute negative sono innumerevoli: lo stress ci rende irritabili, inefficienti, depressi e insicuri. Neppure nel sonno troviamo pace, perché l’inconscio protesta da par suo, inviandoci incubi terrificanti in cui Salvini suona al citofono per intonare la canzone di Junior Cally.
Presumo che quest’ultima esperienza sia stata risparmiata al dublinese O’Connell, ma senza dubbio egli ha avuto la sua parte di turbamenti. Così, su consiglio di un gruppo specifico di individui in cerca di soluzioni anti-stress, ha accettato di passare un giorno e una notte, da solo, in una foresta. Impresa apparentemente non priva di stress potenziale ma che O’Connell ha trovato, al contrario, rigenerante. Dopo essersi gradualmente calato nello spirito della prova - starsene lì nella foresta senza fare altro che... starsene lì - il nostro scrittore ha finalmente potuto apprezzare i benefici portati da una condizione in cui il tempo, sollevato dai frequenti richiami a impegni vari, ha preso a scorrere più lentamente, in una dimensione che si potrebbe dire naturale se rapportata all’artificio di una “scaletta”, quella della vita quotidiana, modellata sulle esigenze del lavoro, dei figli e della socialità e non su quelle dell’individuo stesso.
Al ritorno dalla sua parentesi da mini-Walden, O’Connell ha scritto un lungo articolo per The Guardian spiegando diffusamente perché tutti noi, una volta o l’altra, dovremmo “perderci” in un bosco per scrollarci di dosso, almeno per un po’, quel tempo aggressivo e sincopato che continuamente ci morde la coda.
E qui occorre che io apra una parentesi personale: al termine della lettura, durante la quale a volte mi sono trovato in sintonia con O’Connell e a volte no, ho realizzato che il tempo necessario a completarla era stato proprio della qualità che l’ottimo Mark aveva individuato nella foresta: indisturbato e dunque placido, inconcludente e dunque leggero.
Ecco allora che forse non è necessario, anche se comunque può essere molto piacevole, inoltrarsi in una foresta, così come non è indispensabile seguire uno o più degli innumerevoli programmi per migliorare la nostra vita che ci vengono continuamente proposti. Il segreto, se di segreto si può parlare, sta in un pizzico di coraggio: basta prendere il tempo per il collo e costringerlo a giocare a nostro favore. Sapendo che ciò comporterà qualche rinuncia, sia essa legata al lavoro, oppure agli amici, agli hobby e perfino alla famiglia. Ogni altro tentativo è destinato a essere una perdita di quel tempo che, ormai, non abbiamo quasi più.
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