Sempre affascinante il mondo della ricerca nella mente umana. Anche quando finisce per confermare ciò che l’esperienza sostiene da tempo. A volte però la ricerca arriva dove nessuno di noi, con la semplice esperienza - che, vocabolario alla mano, potremmo definire “conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà” - potrebbe mai immaginare.
È il caso di un recente studio sull’autismo che arriva a definire questo complesso disturbo come un tratto eccessivo, estremo, di mascolinità. Non si allude qui ad alcunché di sessuale: ciò che si “estremizza” con l’autismo sarebbero certi tratti della personalità tipicamente maschili, in opposizione e contrasto con quelli femminili: la “mascolinità” del tratto si nota anche in donne autistiche.
A mettere gli scienziati su questa strada, i tratti del volto nelle persone autistiche (uomini e donne): risultano in molti casi “ipermascolinizzati”, al punto che i ricercatori pensano che il disturbo possa derivare da un eccesso di testosterone nel grembo. Restano da valutare le conseguenze. Se dunque gli autistici sono persone “mascoline”, sappiate che essere maschi all’estremo significa manifestare “mancato sviluppo di relazioni sociali e affettive, difficoltà nell’uso del linguaggio, apatia, ripetitività e rigidità nei movimenti”. È la definizione di autismo e forse occorre infine rivalutare l’esperienza: essa infatti calza alla perfezione a tanti, troppi maschi.
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