Me ne vado

Me ne vado

Il sottosegretario Daniela Santanché ha messo a segno, nelle scorse ore, un piccolo record: abbandonare, a diretta in corso, due trasmissioni televisive di fila («Annozero» e «Agorà»).
Questo di alzarsi e andarsene davanti alle telecamere è un gesto tutt’altro che inedito, anzi: di recente accade abbastanza spesso. Per qualche motivo, però, ancora guadagna attenzione. Probabilmente, nell’etichetta televisiva, l’abbandono a telecamere accese equivale a uno scandalo, a una rottura traumatica, alla sdegnosa affermazione «voi non siete degni di me, di parlare con me e di avermi tra voi». Questo pare stupisca ed emozioni il pubblico, forse sorpreso dall’improvviso deragliamento del copione, dalla simmetria spezzata dello studio televisivo che, visivamente, sempre dispone i contendenti in ranghi uguali e contrapposti. La sottrazione di un ospite, insomma, scatena qualcosa, ravviva il fuoco, alza la pressione.
L’attore Anthony Hopkins prima di interpretare il ruolo di un maggiordomo in «Quel che resta del giorno» volle intervistarne uno, che aveva prestato servizio presso la Casa reale inglese: «Il segreto di un buon domestico - gli spiegò costui - è la discrezione. Quando entra in una stanza, si ha l’illusione che questa sia un po’ più vuota di prima». Il contrario, credo, di quanto accade in tv: quando qualcuno esce, si ha l’illusione che sia entrato qualcosa.

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