Meno che umani

Meno che umani

Si tratta di un senso di disagio, niente di più. Una sensazione di freddezza. Certi professionisti, non tutti, sembrano diffondere intorno a sé un alone di sufficienza, di sterile distacco. Capita con i medici, ma non quelli di famiglia: più spesso sono gli specialisti per i quali, qualche volta, i pazienti rappresentano un lagnoso involucro attorno a una ghiandola malfunzionante.
Il fenomeno non riguarda soltanto la pratica medica. Lo stesso sguardo glaciale capita di notarlo nei giudici e, benché celato da sorrisi automatici, smorfie accattivanti e modi affabili, è comunissimo tra i politici. Fino a oggi era difficile definirlo: sapevamo solo che non pareva una "bella cosa", che aveva un tanto di sospetto, per non dire di inquietante. Ora scopriamo che avevamo ragione.
Uno studio psicologico dedicato a persone abituate a prendere decisioni che possono comportare il prezzo di altrui vite - e quindi proprio medici, giudici e politici - ha scoperto che, allo scopo di reggere tali responsabilità, costoro applicano un meccanismo di "disumanizzazione". Pazienti, imputati e semplici cittadini vengono abbassati, dice lo studio, a un «livello meno che umano». Ciò detto, lo studio specifica che «non si tratta necessariamente di un male»: il processo, infatti, è «necessario» in relazione «alla gravità» delle decisioni da prendere. Stiamo allegri, dunque, e mettiamo pure le nostre vite nelle mani di chi ci considera esseri inferiori. Ce lo assicurano gli psicologi, categoria per la quale, sia detto per inciso, la razza umana occupa un posto indefinito tra i molluschi e il plancton.

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