«BOLZANO, 9 DIC - Niente vin brulé senza gara pubblica: la Corte di giustizia europea ha stabilito con una recente sentenza che anche gli stand dei mercatini di Natale vanno assegnati tramite un concorso pubblico “con criteri trasparenti e neutrali”, perché le bancarelle si trovano su suolo pubblico e soprattutto in numero molto limitato».
Non sono mai stato tra coloro che danno la colpa di tutto all’Europa: prezzi alti, disoccupazione, smottamenti finanziari, perfino - e non è una battuta - la crisi del calcio italiano. Trovo che lo sforzo di unire un Continente da sempre fonte di conflitti sanguinosi sia di per sé operazione commendevole nonché necessaria. Detto questo, mi piacerebbe anche che l’Europa, sia sotto forma di Parlamento, sia di Commissione e financo di Corte di giustizia, girasse al largo dai mercatini di Natale ai quali, in qualità di controllori pubblici, ammetterei semmai i Comuni di competenza con la loro bella polizia annonaria, se ancora ne hanno una.
Per quanto sia nobile, in linea di principio, tutelare le pari opportunità nello spaccio di torrone e panpepato da Helsinki a Lampedusa, l’applicazione pratica non si traduce affatto in una benefica distribuzione di eguaglianza ma in un supplemento di burocrazia e nella sensazione, persistente, che l’autorità - nella circostanza incapace di esprimersi senza rivelare un marcato accento tedesco - stia sempre, come dicono i francesi, tra le balle e senza un motivo preciso: così, tanto per rompere le medesime.
Immagino che la Corte, a questo punto, vorrà dire la sua sulle dimensioni del sacco di Babbo Natale e controllare che le renne deputate al trasporto dei regali non abbiano, nel sangue, una percentuale di alcol superiore a quella ammessa dalla legge. Con tutte le corruzioni che, nei decenni, sono state applicate al Natale per interessi tutt’altro che spirituali, esso rimane una festa intima e familiare. Anche al mercato: ed è questo il vero miracolo.
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