Mercato

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Tutti impegnati a criticare la tassa sulle bibite gassate, abbiamo forse messo in secondo piano un aspetto non meno sorprendente del "decretone" sulla salute. Il governo, infatti, si impegna formalmente a tener lontano le sale giochi dalle scuole: «Slot machine, videopoker e macchinette varie non saranno ammesse nel raggio di cinquecento metri da ogni istituto scolastico».

Mettendo da parte per un momento l’interrogativo se davvero il governo debba occuparsi di queste cose, possiamo tuttavia ipotizzare che, se lo fa, evidentemente è perché ritiene che, intorno alle scuole, ci siano troppe sale giochi e se ci sono è perché qualcuno ce le mette.

La presenza di certe istituzioni in un quartiere ha sempre influito sul commercio circostante. È la ragione per cui gli ospedali si sono sempre ritrovati assediati da negozi di ortopedia e imprese di pompe funebri. Ricordo bene che a poca distanza dalla scuola elementare da me frequentata ai tempi di Carlo Pisacane c’erano ben due cartolerie: alla domanda di matite, pastelli e stilografiche giustamente rispondevano da par loro. Entrambe le cartolerie sono oggi sparite: le domande, evidentemente, sono cambiate e le offerte, di conseguenza, pure.

Se vogliamo, il problema è diventato comprendere la logica della domanda basandosi sulle caratteristiche dell’offerta. In passato, il meccanismo sembrava ovvio: se un quartiere era residenziale, ecco che si riempiva di alimentari, lavanderie, un barbiere, qualche bar e un calzolaio.

Oggi, intorno alle scuole aprono sale giochi e, perfino se fin qui è possibile intravedere una logica, pare difficile portarla alle estreme conseguenze: dubito, infatti, che nei pressi dei Casinò sia possibile prendere decenti lezioni private di latino e matematica.

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