Militari e ragazzi

Vorrei chiamare in causa una schiera di filosofi che non conosco (ma non dubito siano esistiti) per far notare come il mondo in sé, come entità oggettiva e generale, non esista affatto. Ognuno di noi ha di esso una prospettiva unica ed esclusiva. Pertanto, è possibile affermare che non esiste “un” mondo: ne esistono tanti quanti noi siamo. Le nostre esperienze, pur avendo molti punti in comune, non sono mai esattamente le stesse. Ciò ha sempre rappresentato una risorsa: il gioco tra esperienze riconoscibili ma “riscritte” da una prospettiva originale ha alimentato per secoli la creatività degli artisti in campi quali la letteratura e la pittura.

Almeno, così è stato fino a poco tempo fa. Oggi questa straordinaria pluralità, che faceva di un limite oggettivo una ricchezza diffusa, ce lo siamo giocato. Tanti (troppi?) occhi oggi sono accesi in tutti gli angoli del mondo a tutte le ore di tutti i fusi orari. Telecamere di sorveglianza, telecamere professionali, obbiettivi degli smartphone: ogni “esperienza” dalla più drammatica alla più noiosa è catturata, documentata e messa sotto i nostri occhi. Ma non in un modo ragionato e intellettualmente calcolato, come può essere un film che per due ore “chiede il permesso” di sostituirsi alla soggettività di ognuno. No, questo è un film che ci fa attori e spettatori a suo piacimento, ci fa scontare qualche emozione da poco con una crescente insensibilità e il biglietto, cioè il conto, dovremo pagarlo alla fine. Senza sconti per militari e ragazzi.

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