Ministri

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Se io dovessi mai riportare qui la notizia che il ministro degli Esteri giapponese, Seiji Maehara, si è dimesso per aver accettato un finanziamento illegale di circa duemila euro, so già che cosa replichereste: «Ecco un altro noioso sermone sul senso dello Stato che gli altri hanno e a noi italiani manca. Ecco un’altra lagnosa esibizione di demagogia e qualunquismo sull’attaccamento alle poltrone dei nostri politici; ecco di nuovo rimarcare la presunta differenza con quelli stranieri i quali, appena atterrati sulla trapunta di uno scranno, si vorrebbero respinti con la forza dei poli magnetici di identico segno».
Beh, se le cose stanno così, sapete che cosa vi dico? Scrivetevela da soli la "buonanotte" perché senza un po’ di qualunquismo e privo del sostegno di qualche banalità, neppure Montaigne sarebbe riuscito a completare i suoi "Saggi", figurarsi io la mia rubrichetta.
Eppure, sotto un certo punto di vista avete ragione: non si paragona un ministro giapponese a un ministro italiano, neppure per scherzo. Se la carica li accomuna, tutto il resto li divide: educazione, linguaggio, cultura, allattamento, alimentazione, metabolismo, morfologia, assetto sociale, psicologia, spiritualità, ambizione e conformazione generale della personalità. Capisco benissimo, cosa credete? Come potrei, in tutta onestà, mettere a paragone chi si dimette per duemila euro con chi, per la stessa somma, neppure si farebbe eleggere?

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