A giudicare dalle tante polemiche quotidiane che ci vengono servite con più sollecitudine della michetta e del pane arabo, dovremmo dedurre che viviamo in un mondo nel quale il litigio è ormai l’unica forma di comunicazione possibile. Non è così: a controbilanciare la massiccia dose di interazioni asperrime e rabbiose c’è, altrettanto imponente ma in qualche modo più discreto, un uso pressoché costante dell’adulazione. La corretta schiettezza che dovrebbe caratterizzare i rapporti umani è ormai una nota rara nella costante cacofonia della comunicazione la quale oscilla tra i fragorosi ottoni della contumelia e i violini della lusinga.
Non ce ne accorgiamo nemmeno più: sembra scontato che, in molteplici circostanze, la parolina zuccherosa e il complimento mellifluo siano la ricetta giusta per l’interazione sociale. E forse è così, perché la necessità della melassa, per così dire, è avvertita sia da chi la produce sia da chi la riceve. Piano piano, ci stiamo dimenticando di quanto l’adulazione sia ridicola. Meno male che, a ricordarcelo, ogni tanto accade qualcosa. Basta infatti una stonatura, un eccesso, un’insistenza maldestra e il meccanismo della lusinga si rivela in tutta la sua assurdità.
Ecco un esempio concreto. Durante una conferenza stampa a Kuala Lumpur, in Indonesia, il ministro per gli Esteri thailandese Tanasak Patimapragorn, impettito come l’occasione ufficiale richiedeva, si è trovato fianco a fianco con il collega cinese Wang Yi. Forse le relazioni Thailandia-Cina necessitavano di una spintarella, forse era in ballo la bilancia dei pagamenti, forse c’entrava il Pil di tutto Sud-Est asiatico, ma Tanasak, tradito dall’emozione come dall’adulazione, non ha trovato di meglio che dichiarare: «Se fossi una donna, mi innamorerei di sua eccellenza Wang Yi». Imbarazzo, colpetti di tosse e lusinga esposta in tutta la sua buffonesca inconsistenza. A meno che, ma dalle cronache non risulta, Tanasak e Yi si siano subito dopo abbandonati a un lungo bacio appassionato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA