Molti anni

Arrivo alla panchina talmente presto che la trovo ancora vuota. Non è impresa da poco: alzarsi alla mattina prima della signora Malinpeggio è cosa che riesce con discreta regolarità soltanto agli abitanti di Sydney, nettamente favoriti dal fuso orario.

Non trascorre molto tempo perché, nella luce livida dell’alba, la figura della signora si stacchi dalle ombre in fondo alla strada e avanzi verso di me. Con un gran sospiro, la signora si siede.

«Buongiorno».

«È caduto dal letto?»

«Qualcosa del genere. Non riuscivo a dormire».

«Ha provato con l’abete? Fa miracoli».

«Un’infusione di aghi, intende?»

«No. Un ramo vibrato con decisione in mezzo agli occhi».

«Proverò, ma dubito possa servire a qualcosa».

«Se ha bisogno di aiuto mi chiami. Intanto che è qui, però, mi dica che cosa la turba».

«Come ha fatto a capirlo? Sono proprio i pensieri a tenermi sveglio».

«Quali pensieri?»

«Ma non ha sentito le notizie? La minaccia del terrorismo, tanto per incominciare: sempre più vicina e pressante. Un’angoscia, come angosciante è le crudeltà che questi individui si vantano di perpetrare. Ma non basta!»

«Che altro?»

«La follia! Come altro chiamerebbe, lei, la determinazione di un uomo che volontariamente pilota un aereo al disastro?»

«Follia, sì. Ma c’è una lucidità in questa follia che la rende doppiamente pericolosa. È follia che siede sulle spalle della lucidità: la domina e la governa».

«Se cercava di sollevarmi il morale non ci è riuscita».

«E lo chiede a me di sollevarle il morale?»

«Come faccio, allora?»

«Stia su. Lei tutto sommato è giovane. L’aspettano ancora molti anni di sventure, disgrazie e angosce. Se li goda, mi raccomando».

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