«NAPOLI, 8 MAG - Piazza Giulio Cesare diventerà piazza dei Martiri, mentre una sosta in viale dei Giardini sarà l’occasione per gustare una sfogliatella in via San Biagio dei Librai. Ma guai a finire in prigione, naturalmente Poggioreale».
Questo l’incipit, non privo di estro, della notizia con cui l’Ansa annuncia l’imminente realizzazione di una versione tutta napoletana del celebre Monopoli, il gioco da tavolo che ha insegnato i fondamenti del capitalismo a generazioni di americani e che, applicato agli italiani, ha prodotto infinite contestazioni del regolamento, lanci di banconote fasulle, ingestioni di segnaposto e corse a leggere di straforo che cosa c’era scritto nelle carte “Probabilità” e “Imprevisti”.
L’edizione napoletana non arriva per iniziativa locale: trattasi di una produzione ufficiale, tanto che, aggiunge l’Ansa, «a presentarla sono arrivati da Londra Peter Griffin, responsabile di Winning Moves, la società che per conto della Hasbro cura le edizioni speciali del gioco, e Fausto Cerutti, responsabile italiano di Winning Moves». In queste settimane si provvederà a scegliere quali vie e piazze di Napoli andranno a sostituire quelle tradizionali, come vicolo Corto, bastioni Gran Sasso e Parco della Vittoria.
L’impegno di Griffin e Cerutti non è in discussione ma viene da chiedersi se, a parte quello di allettare i collezionisti del settore, l’operazione “Monopoli napoletano” abbia un senso.
Di tutte le città del mondo, Napoli sembra la più riluttante ad adattarsi a un gioco fatto di caselle, precedenze, centrali elettriche e stazioni ferroviarie disposte con geografica equanimità sul territorio. Non lo dico per sfruttare stereotipi o, men che meno, per ammiccare a pregiudizi: solo, dubito che il capitalismo alla napoletana, che pure esiste, sia alla portata intellettuale dei responsabili di Winning Moves. La vita, a Napoli, è fatta di sfacciataggini e sottigliezze che non contano né come probabilità né come imprevisti: meritano una categoria tutta per loro.
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