Morto che scappa

Morto che scappa

Come ha fatto notare il ministro degli Interni Roberto Maroni, gli scontri di Roma sono stati talmente duri che "ci poteva scappare il morto". Poiché, per fortuna, così non è stato, ci sentiamo meno in colpa nel concederci un’analisi parallela e un poco "leggera" dell’accaduto, partendo appunto dalle parole del ministro.

Dicendo "ci poteva scappare il morto", Maroni ha fatto uso di un’espressione idiomatica, ovvero - come spiega il dizionario - di un’espressione "propria di una particolare lingua". Nelle altre lingue, infatti, i morti non "scappano": "accadono tragedie", magari, oppure "c’è perdita di vite umane". Solo da noi i morti hanno questa tendenza a "tagliare la corda". Ed ecco che, forse, in questa seconda espressione idiomatica troviamo una spiegazione della prima: i morti "scappano" perché la corda viene, di soppiatto, "tagliata", oppure si spezza perché insufficiente allo sforzo. Lo scenario è dunque quello di una situazione confusa, di un bailamme nel quale tutti perdono il controllo, probabilmente esagerano, certamente ammattiscono ed ecco che il morto finisce per "scappare", come "scappa" un peso non più trattenuto.

Nell’espressione si nasconde dunque il germe di un difetto nazionale: quello di perdere la testa nelle situazioni di emergenza o, meglio, quando "si corrono pericoli". Vedete come un’altra espressione ancora ci conferma nella nostra teoria? Laddove i pericoli "corrono" è chiaro che i morti "scappano". E poi ci stupiamo perché c’è la "fuga" dei cervelli.

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