Musica?

Musica?

Moby, musicista non di rado geniale e certamente evoluto, deve aver mandato di traverso la terza tazza quotidiana di tè verde - infuso che gli aggrada molto - perché, di cattivo umore, ha poi detto la sua sulle più famose star del pop. Nel commentare i recenti successi di Rihanna, Britney Spears e Black Eyed Peas, ha sostenuto che «non si tratta di musica». «E' roba fabbricata - ha aggiunto -, posso apprezzarla come fenomeno pop e perfino sopportarla quando è diffusa in un centro commerciale, ma non credo si possa chiamarla musica».
Questa affermazione pone un immediato problema: che cosa direbbe Moby se mai dovesse imbattersi in un cd di Gigi D'Alessio? Più seriamente ci chiederemo: siamo sicuri che abbia ragione? La sua intransigenza non rivela piuttosto l'inconfessabile desiderio di sbarazzarsi una volta per tutte del cattivo gusto in campo musicale o, se è per questo, in qualunque altro campo? Se una canzone o un'artista non ci piacciono, non abbiamo altro da fare che bandirli dal reame, artatamente recintando, per così dire, il territorio del nostro interagire con le scelte altrui. Ma è legittimo? Certo, risulta arduo ammettere che da Bach agli 883 sia tutta "musica", ma forse è in qualche modo necessario. Un buon romanzo assume valore anche nel confronto con uno mal scritto e un'immortale sinfonia dispiega tutta la sua grandezza volando altissima sopra il rantolo di una Tatangelo qualsiasi. Più tolleranza, dunque, più sopportazione: in fondo sono proprio queste le qualità che formano un vero snob.

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