Portereste l’amico cane o il micetto di casa da un veterinario il quale, in vacanza, si dedica ai safari e permette che siano pubblicate online fotografie di se stesso medesimo in compagnia della carcassa di un leone appena abbattuto? La risposta, ovvia, è “no”, non ce li porteremmo, così come non ci affideremmo a un medico di famiglia che, per hobby, facesse il boia nel braccio della morte.
Se tuttavia ci fermiamo a riflettere, la nostra posizione potrebbe non essere così scontata. Il veterinario di cui sopra, che esercita in Piemonte e che è stato criticato con la solita (eccessiva) veemenza dagli animalisti più radicali, ha spiegato il suo pensiero in una nota: «La professione di veterinario non è incompatibile, né sotto il profilo deontologico né sotto quello morale, con attività di caccia o safari, praticate nel rispetto delle vigenti leggi».
Ha ragione? Ha torto? Dopo tutto, se fa il veterinario, non possiamo pensare che, in ambulatorio, confonda i ruoli ed estragga la doppietta per mirare a Fido. Sarà ben capace di discernere! Accusarlo di scarsa (o nulla) sensibilità per la vita degli animali potrebbe non essere poi così rilevante: in fondo, conta soltanto che nell’esercizio delle sue funzioni, egli sia competente, tempestivo ed efficace.
Oppure... Oppure, refrattari alla logica, al pensiero razionale e indifferenti all’attrattiva un poco metallica, fredda, della pura competenza professionale, non possiamo proprio fare a meno di rifuggere da una personalità che si proclama interessata ad armarsi per abbattere, a scopo ludico, una creatura meravigliosa come un leone, a interpretare come “vacanza” un atto scioccamente sanguinario, volgare e rivelatore di desolante pochezza virile e intellettuale. Insomma, la nostra intelligenza non è incompatibile, né sotto il profilo deontologico né sotto quello morale, con l’impellenza di mandarlo affan... Nel rispetto delle vigenti leggi.
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