Nessuno insieme

Riformare l’assetto parlamentare di una nazione, come si pensa di fare in Italia, non è cosa facile. Cancellare il Senato, spolverare la Camera, rassettare le commissioni: tutta roba che richiede, al contempo, fermezza e tocco delicato. Non si può prendere il regolamento di una bocciofila e applicarlo all’assemblea legislativa: occorre un poco più di finezza. Occorre, soprattutto, che ogni cambiamento lo si faccia insieme. Parrebbe naturale: lo Stato appartiene a tutti (anzi: noi tutti siamo lo Stato), logico che ogni modifica dovrebbe essere frutto di uno sforzo collettivo.

Purtroppo, alle nostre latitudini, decenni di faticoso dibattersi nella palude dei rinvii, delle torbide meline partitiche e del reciproco sospetto istituzionale rendono ciò che sarebbe ovvio - la necessità di collaborare - sospetto e mortifero. Troppe tattiche dilatorie, troppe scuse e troppi sterili negoziati sono passati sotto i ponti per non pensare che chi, oggi, vorrebbe rallentare le riforme invocando la riflessione e il confronto non stia tentando, in realtà, di insabbiare tutto. Magari non è così, ma a molti vien fatto di crederlo: per abitudine, esperienza e per quella patina di sfiducia che, disinganno dopo disinganno, si è formata sulla nostra pelle.

Curioso: altrove pensano che lavorare insieme, collaborare anche partendo da punti di vista diversi, sia la cosa migliore. Lo credono perché è vero. Uno studio, per esempio, ha provato che tre persone impegnate a lavorare insieme su un progetto ottengono risultati migliori che affrontandolo ognuno per conto suo. Non solo: il risultato collettivo è migliore del risultato ottenuto singolarmente dal più dotato, talentuoso se volete, dei tre. Un vero inno alla collaborazione, alla partecipazione e, in un certo senso, perfino alla solidarietà, ma un potenziale che la nostra classe politica ha perduto ripicca dopo ripicca, pretesto dopo pretesto, polemica dopo polemica, tanto da consegnarci l’assurdo convincimento che all’interesse di tanti, oggi, è meglio ci pensino in pochi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA