Il dilemma del giorno – dilemma tutto mio, intendiamoci – sarebbe questo: è peggio l’atteggiamento nei confronti degli stranieri che tiene una parte culturale e politica che, genericamente, potremmo definire “destra” (di sospetto sempre e comunque, il motto “prima gli italiani” cucito sullo stendardo) oppure quello espresso dalla parte opposta, di “sinistra”, anche qui genericamente, per la quale gli stranieri sono tutti bravi purché restino nel ruolo designato di vittime silenti, comparse di una virtuosa quanto affettata rappresentazione di pietà umana e apertura mentale? Peggio, insomma, il “föra di ball” o l’arcobaleno multirazziale che, all’istante, si affloscia sotto una pioggia di ironie (”ilonie”, anzi, per adeguarsi al livello di certi umoristi) e di disprezzo quando i cinesi, dimostrando un’irresponsabile dissonanza con la parte del “buon selvaggio” a loro assegnata, si mettono in fila a votare per le primarie?
Dilemma secondo me interessante, la cui soluzione, tuttavia, non è urgente. Più utile sarebbe riflettere sul fatto che, forse, con gli stranieri nessuno cambia in realtà atteggiamento per il solo fatto di essere di “destra” o di “sinistra”: essi sono soltanto un pretesto per litigare tra di noi. Essere nominalmente di “destra” o di “sinistra”, non squilibra la bilancia del razzismo e della tolleranza: l’una e l’altra parte sa essere accogliente con l’individuo o con la famiglia bisognosa, ma, sul piano politico, il concetto di “straniero” ancora si scontra con tanto provincialismo.
Tutti noi, insomma, indipendentemente da dove mettiamo (o non mettiamo) la croce sulla scheda elettorale, siamo ancora poco disposti a concedere agli stranieri un ruolo politico, ma soprattutto sociale, “attivo”, influente e direi paritario: quello degli stranieri è solo un “tema” dal quale incassare, all’occorrenza, il conveniente dividendo elettorale. «E ci mancherebbe altro» sembra essere il pensiero diffuso seppur tacito, rivelatore della coesione del nostro spirito democratico: «Altrimenti chissà che cosa gli salta in mente di votare a questi qua».
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