Non c'è, ma si legge

Cito, a memoria e alla rinfusa, da giornali, settimanali, programmi televisivi di informazione e siti Internet degli ultimi mesi:
«La ripresa è dietro l’angolo». «Prepariamoci: la ripresa sta per arrivare». «La ripresa? È ormai prossima». «Possiamo considerare conclusa la recessione, dice il ministro delle Finanze. Presto godremo i frutti della ripresa». «Zitti, che sento qualcosa! Mi sa che la ripresa sta arrivando». «Sì, è proprio lei: è la ripresa». «Confermo: l’ho vista sulle scale. Ha un vestito azzurro». «Addio alla crisi». «La crisi è ormai alle spalle». «Timidi segnali di risveglio». «Il Pil ricomincia a salire». «È una ripresa fragile, ma è pur sempre una ripresa». «Prima scherzavo, ma adesso possiamo sul serio considerare chiusa la recessione, dice il ministro delle Finanze». «La finanza recupera terreno». «La finanza se l’è vista brutta ma adesso respira». «Dopo la figuraccia che ha fatto, la finanza si fa rivedere in giro». «I Lehman Brothers sono andati al ristorante e stavolta hanno pagato il conto». «La ripresa è stabile, la recessione finita, aumenta l’occupazione e stasera ci vediamo a cena: pago io».
Per mesi, insomma, abbiamo letto annunci speranzosi, moderatamente ottimisti, largamente favorevoli e infine sfacciatamente euforici. Ieri, senza preavviso, dall’America l’annuncio: in realtà, la crisi continua o, come titolava Huffington Post, «La fine non si vede ancora». Da rimanerci male, anche per aver creduto a ciò che non c’era, ma si leggeva soltanto.

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