Non di Larry

Non di Larry

Lo troverete presuntuoso da parte mia, ma sento di dover prendere la parola a nome di Larry, gatto adottato da David Cameron, primo ministro britannico, al numero 10 di Downing Street, Londra. A quanto pare, Cameron è scontento di Larry. Egli “graffia il personale della residenza, perde il pelo sui miei completi d'alta sartoria” e, soprattutto, si è rivelato “un fannullone”: “è più interessato ai sonnellini – scrive l'Independent on Sunday – che a dar la caccia ai ratti”.
Tutto questo, capirete, è inaccettabile. Per Larry, si intende. Il primo ministro farà bene ad aprire le orecchie: Larry non è un fannullone; Larry, semplicemente, non lavora. Nessun gatto, dalla notte dei tempi, ha lavorato per l'uomo. I cani possono essere cooptati in servizi umili e meno umili. I gatti no. Non hanno lavorato per i Faraoni, non lavoreranno per un conservatore qualunque, sia pure lontano discendente di re Guglielmo IV. Quanto al pelo, Larry non lo “perde”: egli sostituisce quello vecchio con uno nuovo, più adatto alla stagione; procedimento che fa sembrare i cosiddetti completi d'alta sartoria logori straccetti di pessimo gusto.
In conclusione, credo ci sia stata una falsa partenza tra Larry e David, una confusione di ruoli tra chi comanda e chi viene comandato, tra chi vanta una lunga tradizione e chi appena si affaccia, goffamente, sul proscenio del mondo. Una cosa sia chiara: Cameron sarà pure primo ministro di Regno Unito e Irlanda del Nord, ma non certo di Larry il Gatto.

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