Non dite la vostra

Non trovate anche voi che la mente umana sia un posto assurdo? Prendiamo a esempio la mente del sottoscritto (va bene: avrei potuto trovare un esempio migliore) e consideriamo quanto delirante sia il senso di colpa che in queste ora la pervade (e che essa stessa, non dimentichiamolo, genera). Il senso di colpa è dovuto al fatto di non aver ancora detto la mia (ossia la sua, della mente) sul caso Totò Riina e “morte dignitosa”. La mente mi manda segnali astiosi: “Se non hai detto niente è perché sei un codardo: non hai voluto affrontare pubblicamente un argomento spinoso, che divide, indigna e fa litigare”.

Forse la mente ha ragione e dovrei vergognarmi (anche la vergogna, comunque, è un prodotto suo), oppure potrei ribattere che, in tutta onestà, trovo la faccenda malposta. Infatti, così come tutti i cittadini sono (o dovrebbero essere) uguali davanti alla legge, è bene che siano uguali anche davanti alla pena. Non dovrebbe mai essere dato di discutere il singolo caso nell’arena pubblica: la legge, senza distinzione per questo o per quel condannato, dovrebbe stabilire una volta per tutte che cosa si fa nella contingenza di malattia terminale. Se ci mettiamo a fare i casi singoli, non potremo mai escludere dal dibattito fattori come il risentimento dei parenti delle vittime, sacrosanto ma non strettamente giurisprudenziale.

Pensate che la mente sia soddisfatta di questa posizione (che pure sottoscrivo con ciò che resta della mia lucidità)? Niente affatto, ancora mi dà del pavido, dello svicolatore professionista. Eppure resto convinto che l’induzione morale a “dire la propria” che oggi viene diffusamente esercitata su cittadini, sia falsamente democratica e in ultima analisi nociva: alimenta un dibattito fatto di “sì e no”, “bianco e nero” che disprezza le sfumature, inibisce lo sviluppo del pensiero e spacca l’opinione pubblica in fazioni irreali. Pensiero è invece anche libertà di non pensare, di muoversi su traiettorie non definite. Di cambiare canale quando il talk show sociale (come quelli televisivi) insiste a inseguire la sua coda.

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