Non l'ossitocina

Non l'ossitocina

Credo di aver già parlato, in una “buonanotte” di qualche era glaciale fa, di una sostanza chiamata “ossitocina”. Alcuni scienziati la definiscono “ormone dell'amore” perché, secondo alcuni studi, sarebbe proprio un intervento dell'ossitocina a scatenare nel nostro corpo tutti i sintomi dell'innamoramento pazzo, arrossamenti e balbettii compresi.
L'ossitocina sarebbe dunque alla base di tutte le grandi attrazioni fatali della storia: quelle tra Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, Cip e Ciop, Mastella e una poltrona di governo. Nel loro consueto stile asciutto e impermeabile ai sentimenti, gli scienziati avevano dunque ridotto l'amore – esaltato nei secoli da legioni di poeti – a una faccenda molecolare. Altro che forza universale, altro che magia, altro che misterioso motore dell'universo: sotto forma di ossitocina, l'amore potrebbe venir conservato in barattolo su uno scaffale della cucina, accanto al pepe e alla cannella.
Oggi, però, tanto materialismo deve fare un passo indietro. Alcuni esperimenti effettuati su un largo numero di volontari, confermano che, sì, l'ossitocina influisce sul nostro comportamento - in particolare, ci rende più aperti e fiduciosi – ma gli scienziati escludono che perfino un barile della suddetta sostanza preso dopo i pasti possa ridurci in uno stato di ottuso stupore, esaltazione dei sensi e totale obnubilamento della ragione. Per quello, in effetti, ci vuol proprio l'amore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA