Notte araba

Notte araba

Un po' tutti siamo ormai convinti che la tecnologia non è necessariamente “buona”. Troppe guerre hanno segnalato se stesse, oltre che per un sempre crescente numero di massacri, anche per i nuovi mezzi a disposizione degli eserciti per perpetrarli. Esiste però una tecnologia familiare che, diventata quotidiana, si lascia sottovalutare per i suoi possibili effetti collaterali. Parlo della tecnologia legata alla comunicazione: computer, telefonini, dispositivi Gps. Di questi, al massimo, si lamenta il rischio della dipendenza. E' un sentimento quasi nostalgico: “Ah, quando non c'erano i telefonini, allora sì che la gente si parlava”.

Nell'eco di queste lamentele un poco vaghe, quasi sociologiche, si dimentica quanto le moderne tecnologie possano diventare strumento di repressione. Prendiamo il caso dell'Arabia Saudita dove, come fa sapere il giornalista Badriya al-Bishr, da qualche tempo le donne vengono sottoposte a costante “electronic tracking”. Significa che, tramite Gps, è sempre possibile al “guardiano legale” di una donna (che può essere il marito, il padre, il fratello maggiore) sapere dove essa di trova. Non solo: dovesse espatriare, un messaggio sms raggiungerebbe l'uomo all'istante avvisandolo della possibile fuga.

Giova ricordare che l'Arabia Saudita, dove alle donne, tra le altre cose, non è neppure concesso guidare - e dove, per anticipare eventuali battute, non risulta che gli incidenti stradali siano per questo diminuiti -, non è un Paese  nemico, non appartiene all'Asse del Male, e anzi è un alleato dell'Occidente. Semplicemente, e sotto i  nostri occhi, usa un'opportunità tecnologica per portare alle persone l'insulto più grave: quello di non considerarle degne di libero arbitro. E noi, altrettanto provvisti di tecnologia, resteremo a guardare. Peccato non esista un sistema elettronico in grado di mandarci un un messaggio ogni volta che il nostro spirito critico scende sotto il livello di guardia.

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