È facile immaginare che, per gli appassionati del genere, la data del 7 marzo non arriverà mai abbastanza in fretta. D’altra parte, la faccenda è grossa: tutto lascia pensare, infatti, che quel giorno verrà presentato al mondo l’iPad3.
Nulla, in questi anni, ha saputo rappresentare, anche simbolicamente, una svolta tra il vecchio e il nuovo quanto l’arrivo di una versione aggiornata del tablet di Apple. Non c’è altro prodotto che, dando materia all’innovazione, faccia sembrare vecchio tutto ciò che lo circonda o, meglio, che lo precede.
Non aspettatevi una moralistica annotazione sulla futilità del nuovo, né tantomeno un pistolotto contro il veleno sociale del consumismo: personalmente, ho sempre amato le novità, i regali croccanti, le anteprime dell’"ultimo modello", le nuove versioni che, alla loro comparsa scintillante, consegnano quelle precedenti all’opacità del passato.
A dirla tutta, le novità mi piacciono anche quando non sono più tali. Nel ritrovarle - in cantina, in soffitta, sul fondo di un armadio - subito mi ricordo di quando toccò a loro essere al centro dell’attenzione, occupare il cerchio di luce, suscitare invidia e desiderio. Talvolta, nella paccottiglia, si intuisce ancora l’elemento inedito, l’accessorio nuovo, il lucido specchietto per allodole che, a tempo debito, bastò a innescare il meccanismo del superamento, del nuovo che batte il vecchio. Soprattutto, di fronte alla massa incombente degli oggetti dimenticati, si comprende come non ci sia nulla di meglio del futuro per alimentare il passato.
Nulla, in questi anni, ha saputo rappresentare, anche simbolicamente, una svolta tra il vecchio e il nuovo quanto l’arrivo di una versione aggiornata del tablet di Apple. Non c’è altro prodotto che, dando materia all’innovazione, faccia sembrare vecchio tutto ciò che lo circonda o, meglio, che lo precede.
Non aspettatevi una moralistica annotazione sulla futilità del nuovo, né tantomeno un pistolotto contro il veleno sociale del consumismo: personalmente, ho sempre amato le novità, i regali croccanti, le anteprime dell’"ultimo modello", le nuove versioni che, alla loro comparsa scintillante, consegnano quelle precedenti all’opacità del passato.
A dirla tutta, le novità mi piacciono anche quando non sono più tali. Nel ritrovarle - in cantina, in soffitta, sul fondo di un armadio - subito mi ricordo di quando toccò a loro essere al centro dell’attenzione, occupare il cerchio di luce, suscitare invidia e desiderio. Talvolta, nella paccottiglia, si intuisce ancora l’elemento inedito, l’accessorio nuovo, il lucido specchietto per allodole che, a tempo debito, bastò a innescare il meccanismo del superamento, del nuovo che batte il vecchio. Soprattutto, di fronte alla massa incombente degli oggetti dimenticati, si comprende come non ci sia nulla di meglio del futuro per alimentare il passato.
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