Nulla fosse

Ieri era la Giornata mondiale della libertà di stampa, un tema che sento molto vicino e pressante per il lavoro che faccio. Ogni anno, la Giornata dedicata alla libertà di stampa porta con sé la speranza che qualcuno, finalmente, riesca a spiegare con precisione che cosa essa sia e, soprattutto, che cosa non è affatto: per esempio, non un salvacondotto per la calunnia o per l’ingiuria e neppure il diritto assoluto a far prevalere la nostra opinione su quella degli altri.

Devo dire che anche ieri la Giornata per la libertà di stampa è trascorsa senza che nessuno intervenisse a chiarire l’equivoco: poco male, io continuo a sperare. Nel frattempo, la Giornata mi ha offerto l’occasione per riflettere più in generale sul tema delle Giornate con la "G" maiuscola che sembrano in effetti proliferare. Non che sia un fatto negativo: significa forse che il consorzio umano, se mai esiste, ritiene di avere parecchie cose da tener presente, diversi valori da coltivare e numerose memorie da preservare e, ogni giorno, si ingegna ad aprire una parentesi di riflessione in modo che tutto ciò, se possibile, non vada perduto.

Non mi sono preso la briga di accertarmene in via scientifica ma, a spanne, credo che tra celebrazioni civili e religiose, Giornate dedicate a questo e quell’altro, anniversari storici, ricorrenze popolari, nozze d’oro e d’argento, trigesimi, novene e compleanni non ci sia rimasto un giorno libero. Il che, a pensarci, è impressionante: significa che le nostre vite e le vite di chi ci ha preceduto e, in qualche misura, formato per ciò che siamo, sono colme di eventi memorabili, valori da accudire, lezioni preziose da tenere a mente, errori da trasformare in moniti e in solidi propositi, feste in cui celebrare un faticoso ma costante progresso verso la libertà individuale e collettiva. Non c’è un minuto che non ci ricordi qualcosa di prezioso. Ma allora perché ci comportiamo come se, letteralmente, nulla fosse?

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