Nulla resterà

C’era un tempo - oscuro, infido e pericoloso ma, a modo suo, nobile - in cui sui fattacci che accadevano nessuno diceva una parola. Mi scuso in partenza se queste me considerazioni appariranno ciniche o, peggio, irridenti: il tema, me ne rendo conto, è serissimo. Non è colpa mia, però, se tutto ciò che lo circonda sta piano piano sprofondando nel ridicolo.

Torniamo a bomba. Dicevo del tempo in cui le malefatte venivano protette da una coltre di silenzio. Non parlavano i mafiosi, parlavano poco i terroristi, si rifiutavano di raccontare la verità al pubblico le autorità più elevate e lo Stato - anzi, gli Stati - mantenevano nei confronti del cittadino un atteggiamento paternalistico: meno sa, meglio è per lui.

Abbiamo combattuto duramente contro questa cultura dell’omertà, dell’omissione, del silenzio e della reticente benevolenza. Risultato: ci ritroviamo oggi in un mondo dominato dalla chiacchiera, dalla prova e dalla anti-prova, dalla “testimonianza esclusiva” e dalla “smentita ufficiale”. La verità, lungi dall’essere una e indiscutibile, come nei secoli si è sempre auspicato, si moltiplica a necessità delle parti in causa.

Leggo dell’aereo precipitato in Ucraina. Gli americani hanno «le immagini» del missile lanciato dai separatisti filo-russi, i russi hanno «le prove» della presenza di un caccia ucraino nel cielo al momento del disastro. Tutti hanno documentazione, testimonianze, riscontri del satellite, resoconti di testimoni «attendibili» e tutti, come giocatori di poker, lasciano vedere soltanto le carte che hanno convenienza a esibire. Non sembra, oggi, più dignitoso il silenzio colpevole di un tempo, la stolida omertà, perfino il cinico depistaggio? Non c’è verità nel pollaio delle «prove», degli «esperti» e dei «riscontri»: solo l’immenso cinismo di una congrega umana che sempre più assomiglia a un talk show. Parlate, parlate: nulla resterà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA