Devo confessarlo: non ho mai compreso fino in fondo la ricerca, quasi metafisica, del “sesto senso”, una specie di istinto immateriale, se ho inteso bene, che guiderebbe il comportamento umano al di là di sensi tradizionali. Non l’ho mai compreso perché, credo, non ne ho bisogno: i cinque sensi di cui veniamo dotati, per così dire, “di serie” mi sono sempre sembrati interessanti al punto da meritare, uno per uno, approfondita ed esclusiva esplorazione.
Tra questi, l’olfatto non è certamente il meno prezioso. È sempre stata ragione di straordinaria sorpresa constatare come esso, raccolto qui e là qualche refolo, fosse in grado di suscitare in me reazioni tanto rapide quanto profonde. Prima ancora che la mente possa procedere a un processo razionale, l’olfatto può accompagnarci nell’estasi o spingerci nel disgusto, sollevare ricordi o progettare altissime speranze.
Come se tutto questo non bastasse, oggi salta fuori che l’olfatto ci aiuta nella lotta contro la terribile malattia di Alzheimer. Un rapporto pubblicato sulla stampa medica americana, riferisce di come un team sia stato in grado di diagnosticare precocemente l’Alzheimer semplicemente facendo uso di un righello e di un barattolo di burro d’arachidi.
Non so perché sia stato scelto proprio il burro d’arachidi quale catalizzatore olfattivo - forse per la sensazione inconfondibile e stimolante che indubbiamente trasferisce negli encefali statunitensi -, ma ha funzionato perfettamente allo scopo. Misurando la distanza massima di percezione dell’aroma da una narice e poi dall’altra dei pazienti, i medici hanno riscontrato notevoli squilibri nei malati di Alzheimer: un fatto che potrà aiutarli, in futuro, a sviluppare test in grado di cogliere sul nascere l’insorgere della malattia. Questo, aggiunto al trionfo di gioie che, sfiorando un gelsomino o il pane fresco,una pineta o il caffè appena pronto, ci regala nel corso di una vita, basta a fare dell’olfatto un senso benedetto. Oso dire che sento odore di santità.
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