Questo nostro arrabattarci alle prese con l’emergenza coronavirus ha riportato a galla un vecchio osso: il patriottismo. In sé, non si tratta di cosa buona o cattiva. Si tratta, invece, di cosa buona “e” cattiva insieme.
L’amor di Patria starebbe a intendere un atteggiamento di adesione - razionale ma anche emotiva, altrimenti non si parlerebbe di “amore” - per la comunità di appartenenza: il desiderio di partecipare al suo avanzamento, la propensione a contribuire alle sue necessità e la disponibilità, se necessario, a difenderla. Si vorrebbe poi che la Patria esercitasse in noi una sorta di richiamo primitivo, naturale se volete, in mancanza del quale, secondo alcuni, ci si presta al sospetto di infingardaggine o assenza di nerbo morale. Ma è giusto?
In realtà, l’amore per la propria terra è cosa diversa dal patriottismo. Alle Nazioni, così come a ogni altra impresa ed edificazione umana, va infatti concessa una lealtà solida ma non priva di distacco critico. Ogni comunità è un cantiere aperto: se la collaborazione di tutti è indispensabile, anche la costante proposta di opinioni risulta essenziale.
Spesso, invece, la Patria è vista come un sacro recinto dal quale proiettare ostilità verso l’esterno, specie verso i vicini di pianerottolo, e le opinioni che si dissociano da questo atteggiamento sono guardate con sospetto, quasi fossero indizi di tradimento. Un meccanismo molto dannoso per la collettività, e tuttavia praticato perché fa comodo a qualcuno. Qualcuno che tende a identificarsi con la Patria ma che Patria non è.
Ecco perché, nel reagire al momento difficile che il Paese sta attraversando e nel difendere - giustamente - la sua reputazione dai rovesci dell’attualità, dovremmo proprio risparmiarci uscite che a certa protervia patriottarda uniscono imperdonabili tratti buffoneschi.
Abbiamo visto tutti quanto stupido e inopportuno fosse lo spot satirico francese (presto ritirato) su italiani e coronavirus: giusto dunque protestare e spedire oltreconfine qualche battuta di risposta. Ma qui si è scatenata una controffensiva ridicola e disordinata, condotta, tra l’altro, a colpi di argomenti altissimi: la mancanza di bidet nei bagni francesi e la presunta abitudine transalpina al trasporto sottoascella della baguette. Tanto florilegio di sputazzi ha dimostrato innanzitutto come molti italiani non sappiano che la loro Nazione debba storicamente la sua esistenza (anche) alla Francia e in seconda istanza ha denunciato una povertà di spirito e di lettura ironica della realtà di cui dovremmo profondamente vergognarci. Non nei confronti dei francesi, ma davanti a noi stessi e all’intelligenza collettiva espressa dal nostro Paese.
È facile sentirsi forti e uniti se si ha qualcuno cui cacciarne quattro. Questa armata Brancaleone, raccolta sotto l’insegna del bidet e manovrata dai soliti capopopolo del piffero, ha così dato pessima prova di sé. La prossima volta sciolga senz’altro i ranghi e, oltre al contagio del coronavirus, badi anche a quello della coglionaggine. Oggi è molto più patriottico lavarsi le mani che sventolare il bidet. A pensarci bene, non solo oggi.
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