Oggi no

Oggi no

Sfoglio i giornali e trovo intere paginate su cosa "fare" a Ferragosto. Incontro un amico ed egli, sollecito, si informa su cosa "faccio" a Ferragosto. Chiudo il giornale e, in risposta all’amico, balbetto qualcosa.
Vorrei dire, e non riesco a dire, che il punto è proprio questo: a Ferragosto vorrei non "fare". Mi piacerebbe insomma interpretare la giornata di festa - al di là della sua ufficiale intitolazione religiosa - come un invito all’ozio. Di più, all’inazione. Guardate dalla finestra: se il tempo a Ferragosto è come dovrebbe essere, la risposta, scritta dalla Natura, è già lì. Il sole batte durissimo, l’aria è pesante di calura e gli alberi, immobili, sembrano dipinti a olio su una tela di cera. I voli degli insetti sono brevi e pesanti, quasi ubriachi. Ecco, la natura oggi non "fa". Si limita a essere, il che è molto meglio.

Mi rendo conto che è difficile sfuggire al "fare". Specie quando, come nella giornata di oggi, si presenta subdolamente sotto le vesti di "fare quello che voglio". Gli altri giorni bisogna "fare" soprattutto ciò che vogliono gli altri: oggi, giorno di festa, uno si illude: «Posso fare quello che voglio». È un passo falso che condurrà alla tragedia. La sensazione di poter "fare ciò che si vuole" porta ad organizzare attività - scampagnate, pranzi, visite, pic-nic, nuotate, partite di pallone - che finiranno per coinvolgere altre persone. Questo, a sua volta, porterà a condizionare il proprio "fare ciò che si vuole" al "fare ciò che si vuole altrui" e quindi costringerà a compromessi, aggiustamenti, concessioni, vere e proprie rese della volontà.

No, il tempo concesso agli altri può essere piacevolissimo, quasi sempre lo è, ma non risponde al progetto iniziale: dedicarsi - devolversi, direi - a un ozio caldamente egoistico. Quello che porterebbe a dire (se "dire" non fosse già anche troppo "fare"): «Ieri ho fatto, domani farò. Oggi no».

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