In questa epoca in cui dalla politica si vorrebbe espulsa l’ideologia in favore del pragmatismo è sorprendente notare come la stampa occidentale abbia considerato la scomparsa, a 91 anni, di Lee Kwan Yew poco più di un’esotica curiosità.
È ben vero che l’autorità politica di Lee non si è mai estesa oltre la città-stato di Singapore, poco più di 5 milioni di abitanti, una goccia nel mare dell’Asia, ma non c’è dubbio che, a volerne studiare la biografia, si ritroverebbero in lui tante delle caratteristiche di cui fanno vanto, a torto o a ragione, i leader più moderni.
Se la più avanzata concezione di politica si dice oggi affrancata dalle ideologie, Lee Kwan Yew poteva esibire questa libertà fin dal suo apparire sulla scena pubblica, nel dopoguerra. Pragmatico, carismatico, simpatico, deciso, lucido, cinico e un po’ dittatore: quaranta-cinquanta anni prima di Blair, di Clinton, di Obama, della Merkel e di Renzi.
L’unica costante nella politica di Lee e del suo movimento per Singapore, il Partito d’azione popolare, è stata l’adesione al capitalismo. Questo non gli impedì, nei fatti, di trovarsi d’accordo con il leader comunista cinese Deng Xiao Ping quando questi sostenne che, in politica, bisognava smetterla di preoccuparsi del colore del gatto: l’importante era che acchiappasse il topo.
Per Lee il “topo” era la modernizzazione di Singapore, il salto della città dal Terzo mondo al Primo in una sola generazione. Missione compiuta, anche a prezzo di dure limitazioni: stampa controllata, opposizioni relegate ai margini, cittadini sottoposti a regole di comportamento severe la cui violazione era (ed è) punibile, a seconda, con multe, frustate, pena di morte. Condizioni inaccettabili, diremmo noi, alle quali Lee oppose i risultati: la straordinaria crescita della città in termini economici, l’incorruttibilità dei suoi funzionari, la trasparenza degli investimenti e l’efficienza del sistema urbano. Questo danno e questo chiedono i politici pragmatici, decisionisti, intelligenti e cinici: prendere o lasciare. Ogni alternativa è da considerarsi pallida e inefficace imitazione.
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