Ovverosia ragazzi

A meno di smentite dell'ultimo momento, pare che anche quest'anno la scuola si farà. Così dicono, almeno, i giornali: d'altra parte, gli stessi giornali hanno riportato la bufala della turista francese rimasta incinta in Australia per cui non c'è da metterci la mano sul fuoco. Supponiamo però che la voce sia confermata. Mi rendo conto che per molta gente l'inizio della scuola comporta conseguenze apprezzabili: le famiglie affrontano spese e impegni, i ragazzi si vedono strappati alle canne sulle spiagge per essere costretti alle canne sul retro del liceo, gli insegnanti vengono trasferiti all'Asinara da un baco nel software del ministero. Nulla di tutto ciò tocca la mia sfera personale: io, con la scuola, ho un altro problema.

L'inizio delle lezioni, infatti, mi porta a entrare in contatto, sia pure involontariamente, con il mondo dei ragazzi: in particolare, sui mezzi pubblici. In generale, ho simpatia per i giovani: essi rappresentano la vita come dovrebbe essere, protesa al futuro e non impegnata a rimasticare il passato. La simpatia cala però di qualche grado quando essi, agglomerandosi nelle aule, sui bus e sui treni, si presentano in natura allo stato studentesco. A questo proposito, visto che siamo ancora agli albori dell'anno scolastico, vorrei rivolgere loro alcune parole che possano aiutare me a sopportarli meglio e loro a crescere in modo più completo e armonico. Per esempio: sapevate, ragazzi, che esistono altre congiunzioni oltre a “cioè”? In alternativa, è possibile l'uso di “ossia”, “ovvero”, “ovverosia”, o addirittura delle espressioni “vale a dire” e “in altre parole”. Ancora: esistono numerose interiezioni volgari senza dover per forza ricorrere a “m...chia”. Non posso qui farne un elenco, ma qualunque dizionario può offrirne una varietà.

Se ci intendessimo su questi punti, già la coesistenza tra voi e me potrebbe migliorare molto. Ovverosia, cavoli, cercate di non darmi sui nervi. O, per l'ultima volta: cioè, m...chia, non fatemi sclerare.

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