Ieri ho visto un tale che faceva pisciare il cane sul portone del Duomo. Scusate, ma dovevo dirvelo. Tutti hanno avuto la loro epifania di primavera, tutti sono stati gratificati da un riverbero della nuova stagione, la stagione della rinascita, la "bella" stagione: questa è l’immagine toccata a me.
Il bello è che, pochi passi più in là, il gazebo di un candidato sindaco parlava di "cambiamento", di "rinnovamento" di "se tu cambi, la città cambia".
Uno slogan elettorale è solo uno slogan elettorale e vale giusto per il pensiero che insinua nella testa del passante. La verità, naturalmente, è che nessuno cambia o, se cambia, non è per il meglio. Siamo pieni di gente che fa pisciare i cani sulle opere d’arte salvo poi vantarsi con gli amici di essere andato alla "vernice" della grande mostra. Le strade sono ingombre di personaggi che sporcano per terra per poi richiamare gli altri, urlando, sulla necessità di tener pulita la Terra.
Una certa dose di ipocrisia ha sempre caratterizzato il genere umano. Ma c’è sempre stata anche una certa grandiosità, nell’ipocrisia, e perfino una severa disciplina nel separare i vizi privati dalle virtù pubbliche. Oggi, invece, ognuno celebra se stesso sui social network, appiccica i suoi principi morali su Facebook, fa mostra di virtuoso intendere su Twitter per poi pisciare addosso agli altri e a se stesso. Più che un cambiamento, qui urgono pannolini.
Il bello è che, pochi passi più in là, il gazebo di un candidato sindaco parlava di "cambiamento", di "rinnovamento" di "se tu cambi, la città cambia".
Uno slogan elettorale è solo uno slogan elettorale e vale giusto per il pensiero che insinua nella testa del passante. La verità, naturalmente, è che nessuno cambia o, se cambia, non è per il meglio. Siamo pieni di gente che fa pisciare i cani sulle opere d’arte salvo poi vantarsi con gli amici di essere andato alla "vernice" della grande mostra. Le strade sono ingombre di personaggi che sporcano per terra per poi richiamare gli altri, urlando, sulla necessità di tener pulita la Terra.
Una certa dose di ipocrisia ha sempre caratterizzato il genere umano. Ma c’è sempre stata anche una certa grandiosità, nell’ipocrisia, e perfino una severa disciplina nel separare i vizi privati dalle virtù pubbliche. Oggi, invece, ognuno celebra se stesso sui social network, appiccica i suoi principi morali su Facebook, fa mostra di virtuoso intendere su Twitter per poi pisciare addosso agli altri e a se stesso. Più che un cambiamento, qui urgono pannolini.
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