Parlare d’altro

Come analista politico valgo poco. Anzi, niente. Manco del talento fondamentale: quello di saper sedere in un salotto televisivo e di rispondere alle domande dicendo solo quello che pare a me. È questa la suprema abilità di chi fa politica, ma anche i commentatori dimostrano una notevole padronanza della tecnica: richiesti per esempio di un commento sui drammi intestinali del Pd, sorridono, tentennano il capo, buttano lì espressioni come «innanzitutto bisogna dire», «la ringrazio per la domanda», «la questione è molto complessa» e, senza che nessuno se ne sia accorto, già veleggiano per sentieri diversi, per nulla convergenti con la questione posta dall’intervistatore - il quale non se ne preoccupa: non li sta ad ascoltare e già pensa alla domanda successiva - e approdano felicemente, come se tutto ciò fosse logico e coerente, a un tagliente commento sul più recente congresso della Svp.

Io, non lo so fare. Le mie risposte, in qualunque materia, tendono ad appiccicarsi alla logica, magari una logica un po’ palliduccia, stremata e tutt’altro che forzuta, ma, insomma, vagamente coerente.

Per questa ragione, non posso offrivi un’analisi politica sugli eventi di questi giorni - la virata a destra della Francia, il grande successo referendario del secessionismo in Veneto - come farebbero i grandi commentatori: parlando d’altro. Dovessi sforzarmi, mi sentirei obbligato a trovare una coesione storica tra la scelta dei francesi di rifugiarsi nel nazionalismo e la volontà manifestata da parte degli italiani di abbandonare la nazione. Finirei per perdermi nelle pieghe delle sfumature culturali europee, tra i crateri che punteggiano la superficie dell’economia occidentale e imboccherei lo sciocchezzaio mediatico che influenza le nostre menti. Sarei costretto a concludere che, poco a poco, indifferente ai nostri strepiti e alle nostre paure, sta nascendo un mondo che di confini e bandiere non sa cosa farsene e guarda a chi tra noi rema contro la Storia con un sorriso pieno di pietà. Ovvero proprio la ragione per cui, quando si parla di politica, tutti hanno interesse a parlare d’altro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA