A volte, nelle nostre giornate, ci imbattiamo nella verità. La verità è facile a riconoscersi: è una cosa impossibile da aggirare. La verità da me incontrata ieri è la seguente: se certe idee faticano a imporsi, la colpa è di chi cerca di imporle.

Sono arrivato al cospetto di questa verità dopo aver letto di uno studio che identifica negli “stereotipi” legati a “militanti” di varia natura - femministe, animalisti, ambientalisti e radicali, solo per citarne alcuni - il fattore che induce molti, nella società, a “resistere” alle loro idee. In altre parole, i “militanti” avrebbero un problema di immagine: sono percepiti come fanatici ed eccentrici e di conseguenza guardati con sospetto. Le loro idee, lo provano numerosi e vari sondaggi, sono largamente condivise, l'atteggiamento con cui essi le accompagnano no. Ne risulta che per tenere alla larga i portatori di idee, molti respingono le idee in sé.

Da queste parti - e intendo in Italia - esempi di questo curioso equivoco non mancano: la slavina di insulti recapitata a Caterina, studentessa padovana affetta da malattie rare, ha danneggiato la causa animalista non per motivi legati alla causa in sé ma soltanto per come è stata difesa. O meglio, per come, nel difendere un'idea, si è offesa una persona. La volgare brutalità con cui da certe parti si attaccano la politica e i partiti finisce paradossalmente per venire loro in soccorso: chi si fida al cento per cento di un branco di invasati?

Ridurre il problema a una questione di “immagine” sarebbe però riduttivo. Piuttosto, è un problema di strumenti da utilizzare. Le idee, si dice, vanno sostenute con “passione” ma questa bella parola diventa troppo spesso sinonimo di ossessione, rabbia permanente, ostilità e perfino di intolleranza. Dire invece che le idee vanno promosse con “ragione” sembra poco, introduce un fattore di freddezza e distacco. Eppure, se è più facile convincere la gente con la passione,sarà solo attraverso la ragione che il convincimento diventerà solido e definitivo.

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