Paura a chi?

Sotto l’alta benedizione di Michele Santoro, l’altra sera su La7 Giulia Innocenzi ha avviato un nuovo programma d’informazione, “Announo”, al quale ha partecipato, tra gli altri, il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Non un programma, bisogna dirlo, che abbia rotto con gli schemi del catastrofismo giornalistico più classico, che forse vede in Santoro il precursore ma che, oggi, conosce, come già la Settimana Enigmistica, innumerevoli tentativi - anche riusciti - di imitazione. Ma non sarò certo io a parteggiare per un’informazione edulcorata o, peggio ancora, reticente: bene dunque “Announo” e format simili, anche se il copione è ampiamente prevedibile. Soltanto, mi permetto di eccepire sul titolo scelto dalla Innocenzi per inscatolare il tutto: “Dobbiamo avere paura?”. Meglio ancora: invece di eccepire, rispondo. E rispondo: lei faccia pure, io direi che non è proprio il caso.

Andando ad affondare le telecamere in quei margini urbani che vedono convivere (male) le povertà indigene e quelle d’importazione (purtroppo ce ne sono parecchi, specie nelle metropoli), “Announo” ha immortalato figure sinistre di immigrati sfaccendati e selve di braccia alzate dell’estrema destra di periferia. Vagabondando per raduni leghisti, l’inviato del programma ha avuto buon gioco a raccogliere il folklore più ruvido e ruspante, mostrandoci il patriota padano che tra una costina e un gotto si lamenta perché non è ammesso «sterilizzare i negri». Non bastasse, la Invernizzi ci ha ammesso all’universo ultras e al continuo conflitto con la polizia che questa frangia sociale sostiene e alimenta. Tutto vero, tutto ben documentato e tutto indirizzato a dimostrarci che, sì, è davvero il caso di avere paura.

Peccato che il vero, il reale, il documentato, in questo caso non sia affatto vero, o meglio che il vero e documentato non debba necessariamente portare a questa conclusione. Di tutto c’è bisogno tranne che di paura. Maturità, pazienza, resistenza, indignazione e impegno. Cose che vengono meglio senza paura. E, qualche volta, a televisore spento.

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