Pelle incisa

Pelle incisa

C’è da credere che la pratica del tatuaggio, per quanto ha preso piede, nasconda un sostrato culturale tutt’altro che trascurabile. Ecco perché dovremmo trattenerci dal formulare pesanti ironie quando leggiamo che, in Brasile, una fan del calciatore Felipe Melo - attualmente di stanza alla Juventus - si è fatta tatuare il profilo del medesimo sulla spalla destra.
Ironia no, perplessità sì. Il fatto è che, per quanto ognuno di noi sappia quanto sia transitoria la sua presenza sulla Terra, appare degna di considerazione la circostanza che di corpo ne abbiamo uno solo e non val la pena di inscrivervi la prima cosa che ci passa per la testa o di stamparvi testimonianza di un’infatuazione momentanea.
Voglio dire: negli anni ’80, per un breve e confuso istante, qualcuno avrebbe potuto pensare che Sandy Marton sarebbe diventato più importante di Beethoven nella storia della musica ma, se in base a questo, fosse corso nel più vicino gabinetto di tatuaggi, oggi potrebbe provarne un certo rimorso. Lo stesso potrebbe capitare alla giovane fan di cui sopra quando, tra sessant’anni, sarà costretta a spiegare ai nipotini chi diavolo era Felipe Melo. E, credetemi, quando un tatuaggio ha bisogno di essere spiegato, c’è qualcosa che non va. Soprattutto perché i nipotini commenteranno: «Melo, ma chi è? La bisnonna sì che ha un tatuaggio fico: Carannante sul trasverso dell’addome».

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