Pensava di essere a Sanremo e invece era nel 2020

Il problema di Amadeus - a parte il nome - è che pensava di essere a Sanremo e invece era nel 2020. Si è rivolto a modelli di sessismo consolidato e imperturbabile come quelli rimandati da Pippo Baudo, Mike Bongiorno e Raimondo Vianello, quando avrebbe dovuto guardare avanti, rifacendosi a gente che presenta Golden Globe e premi circostanti: Jimmy Kimmel, Ellen DeGeneres e Ricky Gervais tanto per fare qualche nome.

Non si permetterebbero mai, costoro, di dire a un’attrice che è «ovviamente bella» o di elogiarla per «saper stare un passo dietro un grande uomo». Il che non segnala mancanza di argomenti: Gervais da anni tiene sulle spine il pubblico Vip dei Golden Globe con feroci battute dirette al mondo dello spettacolo e oltre. Appena pochi giorni fa ammoniva registi e attori a non lasciarsi andare, durante i discorsi di ringraziamento, ad appelli elevati, lezioncine morali e ricette per salvare il mondo in 30 minuti: «Non quando - ha detto - lavorate per marchi come Apple, che hanno fabbriche-lager in Cina».

Una bordata tremenda e incredibilmente sfacciata - visto che il boss di Apple era presente in sala -, alla quale, però, Gervais non ha dato seguito con battute sul sedere di Scarlett Johansson o sul davanzale di Renée Zellweger. Non solo, neppure gli è venuto in mente di chiedere a Charlize Theron, per quanto «ovviamente bella», di fermarsi dopo la cena di gala a sparecchiare e lavare i piatti.

Credo che lo stupore di Amadeus - «Io volevo solo fare un complimento» - sia sincero, ma segnala anche tutta la distanza da un nuovo sentire in cui, per le donne, l’elogio della bellezza non basta più e, anzi, è sospetto, se non sgradito, perché tende a relegarle in un ruolo decorativo dal quale, ormai da tempo immemorabile, cercano di smarcarsi.

Non mi pare necessario scomodare il femminismo: se uno non si rende conto che è passato il tempo in cui, senza pesi sulla coscienza, si potevano fare battute e battutacce su donne, gay e “negri”, vuol dire che ha assoluta necessità di aggiornare il calendario. E non perché il “politicamente corretto” ci costringa a una neutralità insipida, ovvero a una tiepida pappetta verbale: piuttosto, l’invito è ad alzare il tiro, affrontare le vere contraddizioni del mondo e, magari, a rifilare qualche coraggioso calcio negli stinchi a chi conta per davvero.

Ma questa si chiama satira, e se in Italia ci guardiamo bene dal coltivarla - altrimenti un genietto come Corrado Guzzanti avrebbe avuto per anni una “striscia” televisiva tutta sua in prima serata -, anche all’estero, bisogna dirlo, ne hanno timore.Se infatti i Golden Globe non hanno paura di sguinzagliare Ricky Gervais, gli Oscar per il secondo anno consecutivo rinunceranno a schierare un presentatore ufficiale. Dopo aver ospitato gente del calibro di David Letterman, Steve Martin, Billy Crystal, Jon Stewart, Chris Rock e tanti altri, l’Academy ha deciso che meno si ride e meglio è: c’è sempre il rischio che qualcuno metta in ridicolo un amministratore delegato. Intanto però Weinstein, un altro che delle donne aveva un’opinione piuttosto ristretta, non c’è pericolo che si faccia vedere in giro.

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