Penso solo

Penso solo

L’altro giorno, il futuro ragioniere Mario Balotelli, per ora semplice calciatore milionario, si è fatto notare per quella che i giornali hanno subito definito una «bravata» o, con indulgenza anche maggiore, una «ragazzata»: ha sparato alcuni colpi con una scacciacani in centro a Milano. I giornali sono stati tolleranti con Balotelli per una ragione molto semplice: egli - dopo quella che, con spirito unificatore, definiremo «bravazzata» - ha rilasciato interviste dicendo di essere dispiaciuto. «Adesso - ha aggiunto - penso solo agli esami di maturità e a fare bene con l’Inter». Uno potrebbe pensare che i giornalisti fossero interessati alle scuse, ma non è così: la stampa esigeva soprattutto l’espressione «penso solo».
Sono queste, infatti, le paroline magiche che la nuova generazione di calciatori ha imparato a recitare davanti ai taccuini e lo fa - senza fallo, è il caso di dire - ogni volta che se ne presenta l’occasione. «Mi dispiace per la rissa in discoteca che ha comportato danni per alcune centinaia di migliaia di euro: adesso penso solo a far bene con la squadra». Oppure: «Mi dispiace di aver mandato a quel paese il mister, l’arbitro e l’intero club "Fedelissimi per sempre" composto da pensionati ultraottantenni: adesso penso solo ad allenarmi». Ancora: «Desolato di essermi fatto sorprendere con sei chili di cocaina: adesso penso solo a finir bene la stagione». Per qualche oscura ragione, questo «penso solo» sembra acquietare la stampa e tranquillizzare il pubblico, quando è chiaro che i giocatori combinerebbero meno guai se, invece di pensare «solo», pensassero «anche».

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