Per chi suona il campanello?

Gammy non ha avuto una partenza facile in questo mondo. A sei mesi si trova alle prese con la sindrome di Down e un difetto cardiaco congenito. In più, sua madre, una donna thailandese di 21 anni con altri due bambini a carico, non ha il denaro sufficiente per pagare le cure necessarie.

Avrebbe potuto andar meglio, a Gammy, se fosse stato adottato dalla coppia australiana per la quale, a tutti gli effetti, è venuto al mondo. Il piccolo è stato partorito da una mamma “surrogato”, pagata circa 11mila euro per “fabbricare” un figlio per conto terzi: la coppia australiana, appunto. La donna di figli ne ha avuti due: una bimba in perfetta salute e Gammy. Indovinate con quale neonato gli australiani hanno fatto ritorno a casa?

Nella loro magnanimità occidentale, i due genitori paganti si erano offerti di coprire le spese per un aborto che eliminasse, per così dire, il problema. La mamma thai si è rifiutata: la sua posizione religiosa glielo impediva. Nulla invece ha impedito agli australiani di prendere la bambina “sana” e lasciare il piccolo “difettoso” in balia del mondo e affidato alle cure di una mamma nulla o poco tenente.

Ma lasciamo i due australiani alla riprovazione e agli insulti che, con irruente zelo, la Rete ha riservato loro. Colpevoli di insensibilità aggravata lo sono senz’altro, ma in fondo li vedo vittime di una mentalità che conosciamo bene e non tollera, nella vita, neppure la morte, figuriamoci la malattia o la diversità. Il nostro interesse - e con “nostro” abbraccio chiunque abbia ancora desiderio di appartenere all’umanità - dovrebbe concentrarsi su Gammy. In effetti, ha già ricevuto molta attenzione: una raccolta di fondi online si è attivata un modo da garantire il denaro necessario per l’operazione al cuore e la stampa internazionale, occupandosi del caso, riuscirà senz’altro a garantirgli ulteriore sostentamento. La cosa più importante, ora, è che Gammy possa guarire, per vivere a lungo con grande gioia e fiorente soddisfazione. E se vorrà, un giorno, perfino per suonare al campanello dei suoi mancati genitori.

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