Noi tutti, abitanti di questo Occidente il cui tramonto, ormai, si sta prolungando oltre i titoli di coda, conserviamo ancora, nei confronti delle svolte del calendario, uno spirito speranzoso.
Il mito della rinascita, d’altra parte, è ancora ben presente e basta un Capodanno, con il suo côté di botti e lenticchie, ad alimentare l’illusione del rinnovamento. Nostro, si capisce, ma anche delle persone che ci circondano, nel mondo reale come in quello virtuale. In qualche angolo del cervello osiamo sperare che il nuovo anno, ancora così pulito e intonso, trattenga i più sconsiderati dal ricadere nelle loro spregevoli abitudini, per esempio quella di insultare il prossimo in Rete solo perché la pensa diversamente.
Purtroppo, trattasi di illusione: ci sono individui ai quali il mito della rinascita fa un baffo anche perché, dalle pozze di liquame in cui risiedono, è difficile apprezzare orizzonti di purezza o, quantomeno, di pulizia. Ecco allora che, anche a mezzanotte del 31 dicembre, non risparmiano le solite contumelie, i soliti insulti.
Tra questi desolanti ritornelli, c’è naturalmente quello che, con accompagnamento di sogghigno e fronte bassa, replica alle osservazioni formulate da donne su questioni legate al razzismo alludendo al presunto desiderio delle medesime di accedere agli attributi, che si vogliono smisurati, degli immigrati.
A parte l’immediata autodenuncia di inadeguatezza mentale e genitale, commenti di questo tipo sono ingestibili perché non raggiungono nemmeno un livello minimo di potenzialità dialettica. Un rutto è mille volte più espressivo: allude se non altro a una funzione digestiva, ovvero a un concetto sul quale si può costruire, tra una metafora e un’allegoria, qualche cosa di interessante.
Immagino che ogni donna fatta oggetto di tale allusione si senta combattuta tra rabbia e impotenza: mille possibili repliche salgono alla mente, alcune pungenti, altre violente, altre ancora sarcastiche, ma con esse anche la consapevolezza che nessuna potrà rivelarsi utile, per la semplice ragione che non verrà mai compresa da chi ha la mente interamente paralizzata da un’invidia alimentata dal mito sessuale.
Resterebbe la curiosità di ricostruire il percorso psicologico di chi finisce per ritrovarsi in tale palude, non a fini terapeutici, ovvero di soccorso - costoro meritano tutti i fallimenti che la vita, inevitabilmente, consegnerà loro - ma perché queste presenze impediscono di fatto il sano svilupparsi di un progresso umano, la cui possibilità, ancorché illusoria, fornisce fiducia ed energia a tutta la società.
Purtroppo, invece, finché leggeremo commenti del genere, e li leggeremo a lungo, dovremo rassegnarci: ogni 31 dicembre festeggeremo senz’altro l’arrivo di un nuovo calendario, ma certamente non l’avvento di un anno veramente nuovo.
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