Perdenti e vincenti

Immagino non sarà cosa facile essere Pier Luigi Bersani in questi giorni. Il vero grande sconfitto è lui e soltanto lui: quello che, per forza di cose, ci ha messo la faccia.

Immagino i familiari passare in punta di piedi davanti alla sua cameretta: “Shhh, non disturbiamolo: ha avuto una settimana pesante, povero caro”. All'ora di pranzo, qualcuno avrà aperto la porta, giusto un dito: “Non hai fame? Vorresti tortellini in brodo o tagliatelle al ragù?” “Chiedetelo a Rodotà!”

Si sa, le batoste inaspriscono anche i caratteri migliori. Senza contare che agli sconfitti tocca anche subire il disprezzo più vile: quello di chi neppure ha giocato la partita e adesso, in pieno “dopo”, delinea magnifiche strategie per il “prima”. Bersani avrà altre giornate difficili. In assemblea di condominio chiederà ai vicini: “Che faccio? Propongo l'imbiancatura della facciata?” “Ma certo, Pier. Vai tranquillo!” “Voi mi appoggiate?” “Sicuro! Siamo tutti con te...” Ed ecco che l'imbiancatura verrà bocciata a favore del rifacimento dei serramenti.

Son cose che lasciano il segno e si portano appresso lunghi strascichi. Avrà anche lui l'occasione, un giorno, di dire la sua, di spiegarsi e scaricare la colpa su qualcun altro. Ci sarà anche qualcuno disposto ad ascoltarlo e perfino a scrivere tutta la storia, ma sono articoli, questi, che finiscono nelle pagine “fredde” dei giornali, pagine staccate dal vivo contesto dell'attualità. Storie che vanno ad allestire una sorta di surreale calendario della memoria. Vi ricordate di Bersani, detto il Gargamella? Sììì! E di Baltimora, quello di “Tarzan boy”?

Insomma, non è facile essere Bersani oggi e non sarà facile esserlo anche in futuro. Il meglio in cui può sperare è una sorta di misericordioso oblio. Il timore è che non gli venga concesso tanto facilmente. Perché se c'è una cosa da dire di questo Paese è che, tra i vincitori, c'è sempre grande abbondanza di perdenti.

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