Perduti in partenza

Sbagliato l'assassino, sbagliata la tecnica, sbagliato il contesto. Ecco perché, pur nella sua enormità, la strage di Las Vegas è passata, da noi, in un’indifferenza che, a volerla considerare per un minuto, è davvero raggelante. Dobbiamo infatti ammettere che per accendere la nostra empatia nei confronti delle vittime di un atto di violenza feroce e indiscriminato non basta una pietà generica né l'orrore di fronte a vite innocenti perdute. Ci vuole qualcosa di più: che l’assassino, per esempio, confermi una delle nostre paure precostituite (quella per il terrorismo islamic o, per esempio). Se non si chiama, o non si fa chiamare, Mohamed, per esempio, già fa meno paura e solleva meno odio e disprezzo. È un matto singolo: non estende la sua perfidia a un gruppo o a una razza.

Insomma, quello che è accaduto a Las Vegas non lo sentiamo vicino perché ci pare che a noi non possa accadere. Non importa se solleva domande urgenti sull’alienazione sociale e sulla diffusione delle armi che, se sono soprattutto americane, non escludono affatto il nostro interesse.

E poi, chi di noi va a un concerto country a Las Vegas? Si fosse messo a sparare in un Casinò, il pazzo, forse avrebbe scomodato le nostre coscienze, colpendo un luogo di nostre possibili vacanze. Invece, ha seminato il terrore in un luogo nel quale noi sentiamo lontana la presenza. Un luogo dove scommetteremmo di non trovarci mai. Ma è questa una scommessa, come tante a Las Vegas, perduta in partenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA