Però ci andiamo

Ogni giorno, da che sono nato, vedo traffico. Qualche volta è scorrevole, spesso è intermittente, non di rado va in corto circuito e forma la paralisi nota come “ingorgo”.

Da che so leggere, leggo di studi sul traffico. Come superarlo, come migliorarlo, come aggirarlo, come eliminarlo. Alcuni interventi che, negli anni, ho visto realizzare hanno migliorato le cose, almeno in qualche punto preciso della rete viaria, altre non sono servite a un bel niente. In generale, credo di poter dire che se l’intento era di risolvere il “problema” del traffico, ebbene, ancora non ci siamo.

La ragione potrebbe trovarsi in un articolo che mi è capitato sotto gli occhi giusto ieri. Di solito, per risolvere il “problema” del traffico si interviene in due direzioni: si costruiscono nuove strade - con preferenza per quelle grosse, i cui appalti sono coperti da spessi strati di grasso: tangenziali, bretelle, circonvallazioni - oppure si istituiscono divieti: centri storici chiusi alle auto, strade pedonali, perfino piste ciclabili.

Nessuno, o quasi, ha mai considerato l’ipotesi più semplice: se il traffico è congestionato la ragione è che la gente non sa guidare. Non si può generalizzare: c’è chi guida meglio e chi guida peggio. L’articolo di cui sopra sostiene però un fatto preciso: in determinate circostanze, nel traffico, gli automobilisti fanno scelte che peggiorano la situazione. Esempio: una strada a due corsie che, per lavori, a un certo punto diventa a una. Secondo gli studi, maggior parte degli automobilisti tende a rientrare nella corsia aperta – di solito a destra – il più in fretta possibile. Provasse a tardare, le code si ridurrebbero fino al 40 per cento.

L’ingorgo è dunque il prodotto, più che di strade insufficienti, della nostra scarsa abilità di guidatori, delle poche informazioni che assumiamo prima di prendere una decisione e della generale tendenza umana a dare la colpa di tutto agli altri: agli altri automobilisti, al sindaco, all’assessore, al governo. Non che questo ci indurrà a riflettere. Nel traffico ci comportiamo come nella vita: non sappiamo dove andiamo, perché ci andiamo e quando arriveremo. Però ci andiamo lo stesso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA