Di recente, lo sguardo perplesso di un venditore di lampade alla mia richiesta di poter dare un'occhiata al menù mi ha indotto il sospetto che non sempre i sistemi Gps funzionano alla perfezione. Eppure i sistemi di cui sopra sono sempre più diffusi e vengono impiegati per guidare a destinazione aeroplani, navi, camion, automobili e, come nel caso appena riferito, pedoni in una città a loro straniera.

La esperienza personale potrebbe non fare testo, visto che è molto probabile che sia intervenuto un mio errore nell'impostare l'itinerario sullo smartphone, ma il problema esiste davvero, al punto che un esperto in satelliti come Roger McKinlay lo denuncia apertamente: le triangolazioni dei Gps non sono affidabili al 100 per cento, eppure la tecnologia viene applicata come se niente fosse su qualunque cosa si muova e, a cominciare dal traffico aereo, su qualunque sistema in cui la probabilità di errore dovrebbe, per evidenti ragioni, essere ridotta al minimo possibile. Sui Gps fa conto anche una tecnologia che nel prossimo futuro par debba prendere il sopravvento: quella delle automobili senza guidatore, la cui sperimentazione ha già raggiunto stadi avanzati.

Ciò che preoccupa McKinlay, però, non è solo e soltanto la fallibilità del sistema, quanto la crescente resa dell'umanità a ogni forma di informazione automatica. Come il calcolatore ha cancellato la nostra capacità di dividere e moltiplicare qualcosa in più delle tabelline, il Gps potrebbe creare generazioni di uomini senza senso dell'orientamento. Nessuno di noi, animali più o meno urbani, ha il piglio di Magellano sulla tolda di una nave, ma almeno è in grado di distinguere la destra dalla sinistra, il sopra dal sotto, e di ritrovare la strada in una città straniera, anche solo chiedendo cortesemente indicazioni. Il timore di McKinlay è che, in futuro, una paralisi del Gps sarà una paralisi dell'umanità, incapace di muoversi perché appesa al satellite. Persa nello spazio dove ogni luogo è ovunque e nessuno è quello giusto.

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