Pessimi, direi

Pessimi, direi

Lontana da me l’intenzione di incoraggiare quella sorta di ritirata strategica nota come astensione e tuttavia, alla politica, una promessa bisognerebbe riuscire prima o poi (più prima che poi) a strapparla: basta trattarci da deficienti.
Impegnati come sono a suggerire, respingere, auspicare, promuovere, rallentare e programmare riforme - immancabilmente "profonde" - a ogni possibile organo istituzionale dello Stato, gli schieramenti dimenticano sempre di indicare quale elemento abbisognerebbe in realtà di istantanea revisione: i partiti. Ma poiché non si è ancora stabilita un’alternativa ai medesimi, sia fatto in modo che evitino almeno di insultare la nostra intelligenza. Se negli anni Settanta, era considerato efficace e strategico affidare la pubblicità dei prodotti a slogan infantili come «Ottima direi, è cera Grey», oggi, nel 2011, nessuno si sognerebbe di farlo. Per comunicare con noi, invece, i partiti continuano a utilizzare l’equivalente politico della cera Grey. È ormai intollerabile il sentirsi proporre, in toni tra il patetico e lo svergognato, cliché quali «mamma li turchi», «la falce e il martello», «l’emergenza democratica», «la città delle moschee» e «la deriva autoritaria». Non perché problemi non ce ne siano, questo è ovvio, ma perché certi insulsi mezzucci non li rappresentano; non perché l’orizzonte sia sereno, neanche per sogno, ma perché a migliorarlo non serve rovistare nel baule delle paure antiquate. Se funzionasse, se gli slogan facessero presa, allora neppure meriteremmo di votare. Meglio restare in casa. A tirare la cera Grey.

© RIPRODUZIONE RISERVATA