Il primo squillo è talmente breve che sulle prime penso di averlo sognato. Al secondo non va meglio: comunico a mia moglie che mi pare di aver sentito uno suono nelle orecchie e lei, senza sorridere, sostiene che si tratta di uno dei sintomi precoci della demenza senile. Il terzo squillo - più insistito - mi riabilita: non ho le traveggole (per il momento).
Apro la porta e mi ritrovo faccia a faccia con la signora Malinpeggio. Non l’ho mai vista in queste condizioni: è tutta agitata e quasi fatica a parlare.
«Buongiorno, signora! Che cosa è successo?».
«Dobbiamo restare qui, sulla porta?»
«Mi scusi. Si accomodi».
Una volta installata sul divano, la signora si calma un poco, ma il suo sguardo resta febbrile.
Ripeto la domanda: «Che cosa succede?»
«Voi, succedete. Ecco che cosa succede!»
«Abbia pazienza ma deve spiegarsi meglio».
La signora guarda fisso la mia testa come a cercarvi un pertugio. Poi spiega:
«Come lei sa, in tutta la mia vita ho fatto del pessimismo una bandiera. Non c’è argomento - politico, sociale, scientifico o filosofico - del quale non sappia dare interpretazione in chiave negativa. Eppure mi piace pensare che il mio sia un pessimismo dal volto umano. Un pessimismo ragionato e a modo suo consolatorio. Un pessimismo, insomma, trattato con professionalità».
«Sono d’accordo con lei. Qual è il problema?»
«Il problema è che adesso fanno tutti i pessimisti! Il primo che si alza al mattino dipinge uno scenario apocalittico, il secondo si affanna a superarlo e il terzo arriva al delirio. Un festival del pessimismo dilettantistico. Una moda, un vezzo: nient’altro! Che tristezza, che vergogna!»
«Suvvia, signora! Non faccia così. Sono convinto che il professionismo alla fine paga sempre. Tenga duro. Sia ottimista!».
Sarò riuscito a rasserenarla? Non so: al momento sostiene ancora quello sguardo duro, un po’ rassegnato, diretto proprio al centro della mia testa...
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