"Tirar su”, come si direbbe in buon lombardo, tre euro a testa in tutta Europa per “salvare” la Grecia sembra una buona idea ma, secondo la mia umile opinione, sembra più buona di quello che effettivamente è. La ragione per cui il “crowdfunding” lanciato dal londinese Thom Feeney per raccogliere 1,6 miliardi di euro (per ora è arrivato a oltre un milione: lontano dal traguardo ma comunque un risultato impressionante) pare una trovata geniale è che esalta quella mai sopita convinzione che il popolo, unendo le forze, sarebbe capace di qualunque impresa.
Soprattutto, sarebbe in grado di saltare a piè pari quell’apparato politico-economico-finanziario che, oggi, individuiamo come l’origine di tutti i mali.
Vuoi mettere la soddisfazione? Un euro qui, una colletta là e l’associazione temporanea dei buoni sentimenti umani è in grado di porre riparo a tutto: ai terremoti, alle carestie, ai trapianti di rene, alla costruzione della nuova scuola elementare, al centrocampo della squadra di calcio e perfino, ultima novità ma perfettamente in linea con i precedenti, il riscatto del debito pubblico di un’intera nazione.
Tutto questo sembra molto virtuoso e in certa misura lo è. Mi chiedo però se una volta superata l’impressione (o l’illusione) di non aver più bisogno di “quei signori”, dei ladri e degli incapaci di potere, dei falchi travestiti da colombe e dei falchi travestiti da falchi, davvero avremo dato un contributo al progresso, alla fondazione di una democrazia rinnovata, al diffondersi di una rigenerata cultura della partecipazione e dell’impegno pubblico.
Nel chiedere scusa per il tono burbanzoso dell’articolo, arrivo all’inevitabile conclusione ispirata: secondo me ci stiamo accontentando di azioni dimostrative, slogan di principio e atteggiamenti da sapientoni di professione. Tutti insultano l’Europa senza capire che l’Europa siamo noi e attaccano gli Stati senza ricordare che gli Stati siamo noi. E che noi valiamo più di tre euro.
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