«"Sky non violerà mai la privacy dei propri abbonati. La richiesta della Rai di avere accesso alle informazioni sensibili degli abbonati Sky per verificare il pagamento del canone è quindi irricevibile”. Lo dichiara Sky, in merito alle notizie relative alla richiesta della tv pubblica di avere l’elenco abbonati come mezzo per favorire la lotta all’evasione del canone».
Leggo questa nota dell’Ansa, diffusa appena qualche giorno fa e, con il vostro permesso, trasecolo. Da qualche tempo si favoleggiava del tentativo Rai di arrivare a “incastrare” i morosi del canone grazie all’elenco degli abbonati Sky - iniziativa basata sull’assunto che chi guarda Sky deve per forza avere un televisore e chi ha un televisore deve per forza pagare il canone -: la dichiarazione dei vertici della piattaforma satellitare rivela che, in effetti, il tentativo c’è stato.
Io capisco che pagare le tasse si deve e il canone, ahimè, è una tassa. Capisco anche che bisogna beccare chi non paga le tasse perché, alla lunga, sono proprio gli evasori ad alzare le tasse degli altri. Capisco infine che per scovare gli evasori bisogna procedere a controlli e a indagini e che, qualche volta, sia perfino necessario spiare un po’, perché gli evasori, da soli, tendono a non farsi avanti. L’abortita iniziativa della Rai, però, sa tanto di Stasi, di polizia segreta e, soprattutto, denuncia per l’ennesima volta un atteggiamento nei confronti dei cittadini di sospetto a tutto campo, di inquisizione digitale, di appostamento sotto casa.
Tra cittadini e Stato - o comunque enti e istituzioni che in qualche modo fanno capo allo Stato - è in corso da tempo un degenerato gioco a “guardie e ladri” dove le parti, nel corso dell’anno fiscale, si invertono più volte.
Quanto alla Rai, il suo è forse lo sgambetto più patetico: «Ci facciamo dare i loro elenchi così scopriamo chi ci guarda senza pagare». Tranquilli, signori: è da un pezzo che non vi guarda più nessuno.
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