Se permettete, parlerei di intelligenza. Lo so: sarà un discorso astratto, perché sull’argomento di cui sopra non ho nulla di concreto da mostrare.
Parlare di intelligenza significa, innanzitutto, scontrarsi con alcuni dati oggettivi che possono anche non piacere. Uno di questi è che le persone intelligenti vivono di più. Il dato è statistico, ovviamente: persone molto perspicaci sono purtroppo morte precocemente e fessi sublimi campano fino all’età di Matusalemme. Fatti due conti, però, si può dire che le persone con un alto quoziente intellettivo rischiano meno di andarsene in giovane età: in media, il 24 per cento in meno.
Si è a lungo pensato che la ragione fosse ovvia: le persone intelligenti trovano lavori meglio pagati e dunque conducono una vita più agiata. Inoltre, essendo intelligenti, colgono l’importanza delle campagne di prevenzione, degli avvisi sulla pericolosità di certe abitudini e si attengono a comportamenti “prudenti”. C’è però chi si è chiesto se la correlazione tra intelligenza e longevità non potesse essere per caso genetica. In altre parole, se non fosse possibile che le caratteristiche genetiche che portano a vivere a lungo influiscano anche sulla brillantezza mentale. Cerca che ti cerca, nei laboratori la correlazione è stata trovata.
Dobbiamo dunque concludere che alcuni eletti dispongono di un sistema genetico integrato che garantisce loro longevità e intelligenza come due facce della stessa medaglia?Pare di no e per spiegare come mai dobbiamo tirare in ballo una faccenda chiamata “pleiotropia”. Trattasi di fenomeno genetico che accade quando un unico gene riesce a influenzare molteplici aspetti di un soggetto. Una capacità apparente: in realtà il gene esprime un solo effetto primario che però genera conseguenze diverse. Gli scienziati per ora si fermano qui: il collegamento genetico potrebbe essere “pleiotropico” e non biologico. Per risolvere il dilemma, qualcuno dovrà vivere a lungo ed essere molto intelligente. Si accettano candidature.
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