Un giornale di Hong Kong, città-regione autonoma della Cina popolare, sottolinea un fenomeno indigeno che, con un po’ di sussiego, definisce «preoccupante sintomo del clima sociale». Il preoccupante sintomo sarebbe questo: i cittadini di Hong Kong non esultano per i successi della Cina alle Olimpiadi e, anzi, approfittano delle sconfitte per godersela sui social network.
A differenza di quanto accade in Cina, nel territorio di Hong Kong l’uso dei social occidentali - in particolare di Facebook - è libero e la gente ne approfitta per sfogare un diffuso sentimento anti-cinese. Le rivendicazioni “democratiche” della città sono state deluse e la crescente influenza del Partito comunista nell’ex territorio coloniale è vissuta con preoccupazione: evidentemente, le Olimpiadi costituiscono il pretesto ideale per liberare un’ostilità a lungo repressa.
Tutto ciò è dato per acquisito dal giornale di cui sopra, il quale però non può fare a meno di stupirsi per questa insorgenza “localistica”: la politica è un conto, sembra intendere l’editorialista, ma è giusto mettere in discussione l’identità cinese in quanto tale? Per chi dovrebbero esultare, gli abitanti di Hong Kong: per gli ex colonizzatori britannici? Per i giapponesi? Per noi italiani?
Forse, proprio da italiani, potremmo intervenire nel dibattito e rassicurare i lontani amici orientali: non solo fare il tifo “contro” è possibile, ma qui da noi è diventato un preciso tratto culturale, uno stile di vita e, nonostante sembri un paradosso, l’unico tratto nazionale indiscutibilmente comune.
Città contro città, quartiere contro quartiere, invidia contro invidia, insinuazione contro insinuazione, cattiveria contro cattiveria. È uno stile piuttosto stancante e imprevedibile - occorre all’occorrenza improvvisarsi tifosi del Kilmarnock se questo gioca contro la squadra italiana che amiamo odiare - ma non ci si annoia mai. Qualche volta si rivolta lo stomaco, ma poi non passa.
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